La “terza luce” nelle opere di Radic

La “terza luce” nelle opere di Radic

La “terza luce” nelle opere di Radic

di Giuditta Castelli


Iesi. L’artista di origine cilena ora è ospitato dal Comune di San Marcello al quale ha donato gran parte delle sue opere. Oggi (venerdì 15), alle 18, s’inaugura una mostra permanente nelle sale di Palazzo Bisaccioni, nel centro storico di Jesi. Saranno esposte le opere su tema religioso.     

L’artista ha donato gran parte dei suoi lavori al Comune di San Marcello che lo ospita. E’ un singolare caso di mecenatismo del XXI secolo. Le opere di Tapia Radic sono esposte in quattro sale sotto le mura del Castello di San Marcello e costituiscono il primo nucleo dell’istituendo Centro della cultura fra i popoli che sarà ospitato a Palazzo Santi, in fase di ristrutturazione.

La mostra di Jesi, che nasce grazie alla collaborazione fra il Comune di San Marcello e la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, sarà una vetrina permanente per la più ampia esposizione nel piccolo borgo della Vallesina che è capofila di un interessante progetto dal titolo   “Paese del Ben-Essere”. 

Allestimento e catalogo della mostra di Jesi sono stati curati dal giornalista Gianni Rossetti. In anteprima pubblichiamo il suo testo critico: Immaginate per un attimo un gesto che avrete compiuto mille volte: raccogliere un sasso per strada. Un gesto effettuato perché colpiti dalla forma, dal colore o semplicemente suggestionati dalla fantasia che vi ha fatto immaginare qualcosa che potesse scaturire da quell’oggetto senza vita. Il sasso in sé non vi ha creato alcuna emozione. Pensate ora a quello stesso sasso, della stessa forma e della stessa materia, ingigantito mille volte. In questo caso vi colpirà la dimensione, la grandiosità, il pericolo che esso potrebbe rappresentare.

Se poi quel masso gigante, seppure informe, fosse alto quanto un palazzo di tre piani susciterebbe la curiosità di tanti. Probabilmente arriverebbe gente per vederlo, fotografarlo, immortalarlo in centinaia o migliaia di selfie. Di conseguenza possiamo dire che la grandezza, da sola, è fonte di bellezza e di attrazione.

Si può dire altrettanto anche del contrario? Immaginate la piramide di Cheope trasformata in souvenir. Un oggetto da tenere in mano, alto 20/30 centimetri. Non avrete sicuramente la stessa emozione, la stessa curiosità, la stessa suggestione e attenzione che provereste di fronte al monumento originale.

      La sola grandezza non è però una misura certa per valutare l’emotività. Una forte emozione estetica può arrivare anche dalla piccolezza. Non è la sola dimensione che determina le sensazioni che l’oggetto può suscitare. Una miniatura può sorprendere, suggestionare e impressionare per la concentrazione, l’intimità, il particolare, il dettaglio.

    Sergio Tapia Radic, scultore, cileno d’origine, italiano d’adozione, ha perfettamente sviluppato questo doppio concetto, cioè grandezza e piccolezza. Maestosità, grandiosità e imponenza, contrapposte a miniatura, particolare, dettaglio. 

Ha cominciato proprio facendo miniature, ridando vita a oggetti in disuso (un tappo di bottiglia, un fiammifero bruciato, un bottone) fino ad arrivare a opere grandiose (“Il giudizio universale”, “Il vecchio e il nuovo Testamento”)   o imponenti      



(“Mosè”, “La Pietà” o “La deposizione e resurrezione di Cristo”)            



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Piccolo e grande non sono valori assoluti. Per questa ulteriore fase della sua vita ha scelto la periferia, San Marcello, un borgo di duemila abitanti. Avrebbe avuto a disposizione ben altre possibilità: Roma, Milano o Firenze dove avrebbe trovato ugualmente disponibilità all’accoglienza e un terreno artisticamente molto più fertile. Ma la dimensione dipende dal nostro metodo di misura. La nostra mente lavora per concetti e astrazioni basate su esperienza regressa. Per fortuna con la fantasia e il ragionamento riusciamo ad andare oltre la semplice esperienza del vivere comune.

    Dire che una cosa è infinitamente grande o infinitamente piccola dipende dal sistema di riferimento. Infinitamente grande è l’universo. E quando parliamo di oggetti nello spazio l’unità di misura è l’anno luce. La luce viaggia alla velocità di 300 mila chilometri al secondo. Quindi rapportato a unità di misura a noi più comuni (ad esempio un chilometro di strada), un anno luce corrisponde a 9 miliardi e 500 milioni di km. Un numero spropositato per il nostro modo di valutare le distanze. Tanto è vero che non riusciamo neppure ad immaginare i confini dell’universo.



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